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 Poesia è un gesto, un atto complesso; qualcosa 
che, partendo dalla mano, attraversa il corpo tutto, investe il mondo e arriva 
al cervello.  
La parola della poesia è complessa, 
plurisensoriale, emotiva; ma anche astratta, metatestuale, in quanto è costretta 
a sintetizzare un’esperienza ampia che è l’essere nel mondo e viverlo dal di 
dentro. E’ riflessione sul mondo, pensiero. E’ phisys. Esperienza. E’ qui, in un 
luogo, in un corpo. 
Poesia è ascolto di questo viaggio passando 
per il corpo, che è anche il corpo del mondo; non lo dice passivamente, in balìa 
del mondo e dei sensi, ma lo dice in una forma, in un distillato che è il 
riassunto di una lotta, il superamento di una sensibilità istintiva. 
Poesia è ascolto di un sentimento d’indefinito 
che ci permea tutti, che ci obbliga ad essere provvisori e transeunti. Umili, 
nella nostra finitezza. Questo sentimento esige una sua forma, una sua 
visibilità, senza censura. Se questo sentire ha a che fare con la metafisica noi 
non lo sappiamo, perché comunque non cambia la richiesta di appello a fare i 
conti con l’anghelos, lo sfuggente della forma, la sua aurea. 
Poesia è esperienza dell’IO, non dell’EGO; e 
cioè di qualcosa, di qualcuno che si ulcera in noi in nome della specie tutta. 
La poesia è dunque da una parte soggettiva perché noi non possiamo illuderci di 
scomparire totalmente nella voce, di cancellare la biografia, dall’altra 
oggettiva nel senso che ci chiama all’obbligo di parlare a nome di tutti. 
Poesia è un incontro tra EGO e IO, tra NOI e 
l’ALTRO che ci abita. E’ incontro tra il suo corpo, la sua forma, e il corpo, la 
forma del mondo. In questo senso la poesia è oggetto di responsabilità 
condivisa, tra il poeta e il lettore. Non si esaurisce nell’atto dello 
scriverla, ma ha bisogno di un senso che la dica al mondo; ha bisogno di 
conoscenza e di accoglienza. Ha bisogno di un nome, di una nominazione che la 
battezzi. Le polemiche sulla responsabilità del poeta sono incomplete e 
fuorvianti se non si tiene conto del fatto che poesia è gesto offerto alla 
Comunità. Se la poesia non è, la responsabilità è anche delle voci che non hanno 
ascoltato. 
Poesia è sguardo arreso. Se la parola del 
mondo esprime desiderio e potere, la parola della poesia esprime attenzione, lo 
sforzo di vedere attraverso. In questo vedere, la poesia non fabbrica steccati; 
piuttosto spalanca le porte. 
La poesia è povera e periferica. Tale è oggi. 
La sua funzione metaforica, o metastorica, la sua capacità di rinominare le cose 
è stata assorbita da altri mezzi più potenti. Per primo il cinema. Poesia è, 
dunque, per l’oggi, atto di contatto primordiale tra pelle e terra.
Senza intermediari. Senza steccati. 
Poesia è “sempre”. Esiste, è lingua del mondo, 
in una percezione misteriosa che sceglie il poeta come messaggero. Per destino. 
Non è il mondo e non deve coincidere col mondo. Il mondo è il suo campo di 
battaglia, non può allearsi col mondo. 
Poesia è coscienza del mondo. E’ il mondo che 
si pensa. Se coincide col mondo, totalmente, è condannata ad annegare come il 
narciso moderno. 
Noi non possiamo pensare di avere idee 
totalmente chiare sulla poesia. Possiamo avere un progetto, possiamo avere delle 
approssimazioni Questo è quello che proviamo quando scriviamo poesie: 
un’approssimazione dolorosa verso la compiutezza della forma, che è come un fare 
i conti, un essere messi - non mettersi - alla prova.  |